STORIE 

Alaska A PRANZO CON YOGHI

Volevo essere parte  del fantastico mondo di Quark e finalmente ero ad un passo. Tutto il progetto era nato parecchi mesi prima, l’occasione, un viaggio in Alaska. Nei sogni c’erano le cascate, i salmoni e naturalmente gli orsi. Grizzly i più grandi e pericolosi dell’ordine dei plantigradi. Il luogo: Brook Falls nel Katmai National Park, all’imboccatura della Penisola di Alaska.

Ricerca sul web, pagamento completo in febbraio e…  tanta speranza che il giorno scelto fosse meteorologicamente fattibile (in caso di brutto tempo non ci sarebbe stata restituzione ma cambio di data, cosa improponibile dato il rientro in Italia il giorno successivo all’escursione programmata).

OGGI SI VOLA

Dopo un fantastico viaggio in Alaska tra ghiacci e montagne, i giorni precedenti all’orsata, sono stati un continuo controllo delle previsioni meteo, e per l’Alaska e’ un vero rebus. Mattina della partenza con nuvoloni, pioggerellina persistente ma con miglioramento durante il giorno. Con la navetta dell’hotel di Anchorage mi reco all’aereoporto. Tutto bene. Trovo il banco della compagnia aerea PenAir. Tutto bene. Attendo solamente l’ok per la partenza. Finalmente ci chiamano… si parte. L’aereo SaabAirchild SF-340 da 35 posti percorrerà 290 miglia. I rotori incominciano a ruggire e via tra le nuvole. Passato lo strato basso e grigio ecco il cielo azzurro ed il sole splendente. Dall’alto sembra di sorvolare uno strato di cotone morbido forato dai picchi delle catene montuose sottostanti. Spettacolare. Dopo un’oretta e mezzo con una virata si ribucano le nuvole ed il verde acceso delle pianure acquitrinose punteggiate da macchie più scure di abeti ci accoglie “Into the Wild“.

L’aereporto di King Salmon (374 anime e altrettanti orsi) e’ veramente piccolino e ruspante, nella saletta di arrivo alcuni locali in camicia a scacchi e stivalone tipo galoscia, espongono il cartello delle varie agenzie. Con alcuni altri passeggeri ci fanno salire su un pulmino, l’autista fornito di microfono spiega il susseguente passaggio condendo il tutto con le gioviali battute americane che fanno ridere solamente i passeggeri americani (forse gli altri non le capiscono ma anche se le capissero non si sganascerebbero più di tanto). Veniamo scaricati nei pressi di un casotto di legno sulle rive del fiume Naknek . “Parcheggiati” a fianco della banchina in legno alcuni idrovolanti della Katmai Air flights aspettano solo noi.

 

SCIVOLANDO SULL’ACQUA

A secondo del nostro peso e dall’ingombro del bagaglio ci dividono in gruppetti di tre, numero massimo dei passeggeri ad aereo. Finalmente si sale a bordo per l’ultimo tratto, chiedo di stare davanti e vengo accontentato. I comandi a mano, tanti bottoncini, lucette colorate, altimetro, “livella”…. quattro sedili e le ginocchia in bocca. Gas a manetta, l’urlo ruggente del motore, tremiti della carlinga, i galleggianti morbidamente scivolano sull’acqua, il pilota inforca gli occhiali scuri…. e aumenta la velocità a manetta. Siamo in aria in un frastuono assordante. Il tempo grigio, trasforma le pianure in un tappeto verde e marrone, punteggiato da zone acquitrinose che riflettono il grigio del cielo, la famosa tundra dei libri di scuola. Sorvoliamo il lago Brooks, virata e appare il grande lago Naknek, il pilota dato il frastuono indica il lago, fa il segno con la mano dell’atterraggio seguito dal pollice alzato. Siamo sull’acqua, il velivolo morbidamente si abbassa, tra la vegetazione appaiono A) la bandiera a stelle e strisce (immancabile) B) alcuni tetti in legno, tocchiamo “terra” e scivoliamo sul lago argentato. Tutto molto bene. Il motore borbottando spinge il velivolo lentamente sulla riva. Arrivati a Brook Falls. Tavola di legno e siamo, questa volta, veramente a terra. Il pilota ci dà l’orario di ritrovo per il ritorno e….

….una mano si poggia sulla mia spalla, mi volto, faccione del ranger in classica uniforme da ranger che sottovoce indicando con il pollice alle sue spalle sussurra ” Bears, keep care”. “Non ci posso credereeeee” esclamerebbe un noto comico. Dietro alle spalle ad armadio del ranger mamma orsa con due cuccioloni sta “grufolando” sulla riva alla ricerca di cibo. Impietriti tutti quanti dalla grandezza dell’orsa, dalla vicinanza e dalla calma di tutta la scena.

 

LA LEZIONE

Il ranger a gesti ci dice di imboccare un sentiero che ci porta al Visitor Centre, uno sguardo indietro e…. scomparsa. All’interno della casupola veniamo accolti da una sorridente ranger che ci impartisce una lezione sull’orientamento della zona, sulla natura del luogo e naturalmente su come comportarci con gli orsi nel caso di un incontro ravvicinato. Non bisogna portarsi nello zaino del cibo, non bisogna abbandonare i sentieri battuti, non bisogna….. scappare nel caso ci si trovi davanti un orso, non seguire un orso, non, non, non. Bisogna lasciargli spazio e farsi da parte nel caso in cui l’orso vi venga incontro, bisogna parlargli sottovoce, bisogna fare tanto rumore quando si cammina sul sentiero, bisogna non voltargli le spalle, bisogna non sorprenderlo se non vi ha sentiti, non bisogna, non bisogna, non bisogna. Facile no ?, specialmente se hai di fronte una bella palla di pelo con unghie e zanne affilatissime. Spiegano anche che gli orsi di questa zona sono ormai abituati alla presenza dell’uomo che è tollerato, un rispetto comune tu non rompi le scatole a me ed io non ti mangio.

Lezione finita, applauso di rito, consegna della spilletta che certifica che hai seguito il corso, deposito del cibo e bevande negli appositi contenitori e liberi tutti. Mappa alla mano in gruppetti ci si avvia verso un destino incerto. Superate le casette della caffetteria, bagni, sala di incontro e camerate (si può anche soggiornare per più giorni – i ricchi) tra un tripudio di canne da pesca in carbonio (la pesca face to face con gli orsi è permessa) e di monumentali teleobbiettivi che riuscirebbero anche a fissare l’immagine di una caria all’interno della bocca di orso a cinquecento metri, in gruppetti senza far notare agli altri che ci si tiene controllati per non rimanere soli si imbocca il sentiero nel bosco. Qualche centinaio di metri e si arriva ad un fiume con ponte controllato, dall’altra parte il primo punto di avvistamento rialzato.

Arrivi al ponte, apri il cancello, chiudi il cancello, percorri la lunga pensilina, arrivi al secondo cancello, apri il cancello ed infine richiudi il cancello. Furbi sti americani !!!!!. Sì tutto sicuro tolto il fatto che nel famoso Visitor Centre troneggiava, tra le altre, una foto che immortalava un orso sul ponte, con i cancelli chiusi e con i turisti che lo immortalavano !!!!!. Va behh può succedere anche nelle migliori famiglie. Dalla prima postazione non si vede un granchè, qualche orso in lontananza (bazzecole) e diversi pescatori tutti attrezzati con stivaloni all’inguine e cappellino con gli ami attaccati che “sfidano” i famelici stomaci dei grandi orsi. Motivo della “contesa” (tanto si sa chi vincerebbe) i deliziosi e succulenti salmoni selvaggi dell’Alaska (quelli che noi vediamo surgelati in pescheria).

VIENI C’E’ UNA STRADA NEL BOSCO (atto primo)

Meglio proseguire verso le piattaforme Riffles e Falls. Il problema è percorrere i due lunghissimi chilometri del Brook Falls Trail con tutto il bagaglio dei Non Bisogna e Bisogna Fare recuperati dalla lezione. Naturalmente basta aspettare (come fanno tutti), fischiettando e guardando all’orizzonte, che qualche altro turista,  magari cicciotto od anzianotto parta per il sentiero nel bosco. ….ed è veramente un sentiero nel bosco, cielo grigio, abeti scheletrici che si innalzano cupamente verso il cielo…. e naturalmente non bisogna assolutamente fermarsi a fotografare per non rimanere staccati dal gruppetto faro. Percorso il sentiero pianeggiante che si snoda tra gli alberi, si arriva ad un cancello a protezione di una pensilina in legno che moderatamente sale. Si arriva infine alle piattaforme contingentate a numero chiuso (si tratta solamente di brevi attese).

RIFFLES PLATFORM

L’accesso alla Riffles Platform è la più grande ed agibile…e anche da qui altro che Quark, Quark più National Geographic insieme. Orsi in tutte le salse: appollaiati sulle rocce, con la testa nell’acqua alla ricerca dei salmoni, orsi in piedi, orsi pigramente addormentati (forse) sulla riva, orsi grandi, orsi medi, orsi piccoletti (le mamme con i piccoli piccoli difficilmente si avvicinano a questa zona), orsi che comunque si guardano sempre intorno e si tengono a debita distanza gli uni agli altri. Ogni tuffo, ogni scatto è condito da IEEEHHHAA di stupore da parte dei tanti guardoni turisti assetati dello scatto perfetto.

 

FALLS PLATFORM

Attendendo brevemente si ha accesso alla Falls Platform la più spettacolare, se nell’altra guardavi il documentario in questa sei proprio nel documentario. Le cascate impetuose sono proprio lì a due passi e a due passi ci sono anche loro le star della zona e sono i più grossi che sono in questa posizione più agevole (se agevole vuole dire a strapiombo sulla cascata o immersi fino al collo nell’acqua gelida). Qua la competizione è veramente serrata anche se ormai ogni orso conosce il suo status ed in tante ore, tolto un breve episodio, non ci sono stati degli scontri violenti. Sono lì mollemente attenti scrutando tra le acque in movimento, un occhio alle prede e l’altro ai compagni di merende. La dura vita dell’orso e…. la dura vita del fotografo che aspira alla foto più ambita: orso in bilico con salmone che gli entra in bocca. Quasi impossibile per il comune mortale, aspetti in posa per dieci minuti e quando inevitabilmente abbassi la macchina, salmone salta e orso piglia !!!!

A PRANZO CON YOGHI

Il pic nic è comunque violento, i poveri salmoni si divincolano tra le fauci dei plantigradi ma difficilmente hanno via di scampo, dopo una bella scossa violenta del capo, inizia il cruento banchetto, c’è chi lo addenta nel mezzo, c’è chi lo mangia come un gelato, c’è chi lo sbuccia come una banana, c’è chi ne lascia lì una buona metà sufficiente per diversi piatti di tagliolini al salmone e c’è chi si sdraia mollemente e si gusta il tutto con calma. Bon appetit mes amis !!!

 

VIENI C’E’ UNA STRADA NEL BOSCO (atto secondo)

Il tempo vola tra una foto ed un’altra, ancora cinque minuti, ma no dai ancora altri cinque sono solo due chilometri. E’ ora, devo tornare, con la testa piena di orsi, percorro la pensilina e arrivo a vista cancello….. cacchio sono da solo, non c’è nessun turista ne’ davanti e ne’ tantomeno dietro e c’è tutto il sentiero nel bosco da percorrere. Cacchio di nuovo. All’andata in testa c’erano solo orsi ora al ritorno, da soli, rimangono solo le zanne e gli unghioni visti in azione tutto il giorno. Cacchio. Non c’è altra via, il tempo stringe e se perdo l’aereo sono altri cacchi. Memore della lezione del mattino si parte “sereni”, passo svelto e strascinato sulla ghiaia per fare rumore ed un improbabile motivetto canticchiato. Curva su curva, albero dopo albero finalmente con tutti i peli dritti arrivo alla prima piattaforma, sono salvo. Ma questo magico luogo ha ancora un regalo, ad un centinaio di metri, in riva al lago, mamma orsa con ben cinque pallettine di pelo mi osserva, la osservo, controlla la cucciolata e sparisce nella vegetazione. Un attimo, cinque o sei foto, un bel addio.

THIS IS THE END

Come da copione con i vecchi compagni di viaggio dell’andata ci troviamo in riva al lago, l’aereo è pronto a partire, testa e scheda fotografica piene di belle immagini indimenticabili.

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Foto e testi a cura di Cesare Sabbatini
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